I concetti di personalizzazione, sartorialità, bespoke, di “su misura” e custom sono parte integrante della visione di PLH, sono ad essa intrinseci. In certo qual modo, vengono prima del progetto e del prodotto, servono a pensare ogni volta la placca di comando elettrico come un unicum, e questo anche quando si rifà comunque a una collezione esistente. Enrico Corelli, ceo dell’azienda milanese, scava a fondo su questo tema: “In genere si pensa alla personalizzazione come al tentativo di rispondere il più puntualmente possibile alle esigenze e ai desideri del committente. E in effetti è così. Ma per PLH c’è di più. C’è un altro lato della faccenda. La personalizzazione riguarda anche noi, a prescindere dal cliente. Una personalizzazione sperimentale, di ricerca: PLH è in tal senso un vero laboratorio di idee. Idee che in genere scaturiscono dall’interno del nostro settore d’interesse, ma che non di rado provengono da altri campi, da input tecnologici ma pure culturali o artistici che colpiscono la mia immaginazione: una rassegna fieristica, una mostra, una lettura, un quadro, un incontro, una conversazione. Suggestioni, spunti che chiamano altri spunti. E tutti, a modo loro, ‘chiedono’ di essere trasferiti nel mondo PLH”.
Non è cosa da poco, né scontata, comporta sforzi rilevanti, enorme dispendio di energia, e un continuo ricorso al cosiddetto “Think different“ di jobiana ascendenza. “Penso”, spiega Enrico Corelli, “che alla base di questo approccio ci sia il mio carattere irrequieto, ci siano la mia inestinguibile curiosità, l’incontenibile voglia di scoprire sempre cose nuove, di inserirle in una sorta di rete mentale che le colleghi tra loro, le faccia interagire con il know-how acquisito, ne dilati il significato e, insieme, ne prefiguri possibili applicazioni”. Ciò conduce Corelli, il suo staff e gli esperti artigiani che con lui collaborano, a esperire strade e soluzioni progettuali e di ingegnerizzazione inedite e innovative che, a volte, non conducono da nessuna parte, ma sempre arricchiscono le conoscenze di tutti gli attori del processo”.
Corelli su questo punto è chiaro e convincente: “Non si tratta di qualcosa a sé stante rispetto alle strategie dell’azienda. Al contrario ne è uno dei motori. Questo procedimento del tutto sperimentale, che opera anche e soprattutto per tentativi ed errori ispirandosi a quanto Galileo a sosteneva a proposito del metodo scientifico, serve ad acquisire un sapere ‘aumentato’, un’apertura mentale, una flessibilità di pensiero e di progetto che danno ulteriori strumenti alla customizzazione. Ci permette infatti di offrire al committente punti di vista che non si aspetta, di affrontare i suoi desiderata secondo prospettive non convenzionali e però efficaci. Tra ricerca, solo apparentemente, per sé stessa e ricerca per i cliente si generano straordinarie sinergie. Del resto, a proposito del mio modo di vedere e sentire le cose, confesso che non posso fare a meno del contatto umano, per me è un must andare in cantiere per constatare dal vivo pregi e difetti dei miei prodotti, per trovare il modo di affinarli, per capire e anche suggerire come fare meglio, come semplificare la complessità senza obliterarla, per trovare nel dialogo con il committente e i suoi architetti stimoli per ideare novità e spingere sempre più avanti il concetto di customizzazione”
Nasce così un custom del tutto particolare, consulenziale e non semplicemente esecutivo. Un approccio sui generis, da ”consulente che al bisogno si sporca anche le mani” che si è rivelato vincente soprattutto se applicato a un target che bada più alla bellezza che al mero costo (che comunque mantiene una sua importanza…). Dice ancora Corelli: “È un valore che molto contribuisce a formare la nostra identità diversa”, unica, verrebbe da dire, rispetto alle aziende del settore. Ed è un valore condiviso da tutti coloro lavorano in PLH”.